Gaslighting: cos'è, come riconoscerlo e come uscirne
- Arturo Russo
- 22 lug
- Tempo di lettura: 2 min
Aggiornamento: 13 ago
definizione | Il gaslighting è una forma subdola di manipolazione psicologica che porta la vittima a dubitare delle proprie percezioni, emozioni e persino della propria sanità mentale. |
film consigliati | Angoscia, 1944 |

Origine del termine gaslight
Il termine deriva da un'opera teatrale, Gaslight del drammaturgo Patrick Hamilton, di cui sono stati prodotti due omonimi film: uno nel 1940 in Gran Bretagna, l'altro nel 1944 negli Stati Uniti (conosciuto da noi come Angoscia).
Approccio cognitivo
Negli ultimi anni, con il termine gaslighting si usa descrivere un fenomeno di violenza psicologica all'interno della coppia: il maschio (solitamente) induce la compagna a dubitare di sé stessa, delle proprie capacità, e del proprio esame di realtà.
Se si digita gaslighting su Google, i primi risultati ci parlano di una fenomeno di semplice spiegazione: il gaslighter manipola la vittima, attraverso un processo di svalutazione lungo la storia della relazione, portandola a cadere nella sua rete del controllo.
Questa visione consenta con facilità una efficace empatizzazione con la vittima, grazie a una descrizione del fenomeno concentrata esclusivamente sull'abusante, identificato come “narcisista”[1].
Approccio sistemico
Si trovano in rete anche approcci diversi, che estendono l'indagine alla “vittima”, introducendo temerariamente il tema del masochismo.
La tematica sadomasochista presenta aspetti differenti, anch'essi meritevoli di approfondimento, che rimando ad altro post. Può forse bastare dire che mentre nel gaslighting vi è una persona che manipola l'altra portandola a credere di essere inadeguata, o nei casi più estremi non sana di mente, nella dinamica sadomasochista vi è una divisione dei ruoli, in cui uno comanda e l'altro esegue, divisione che può invertirsi.
Approccio relazionale
E' necessaria una definizione di base: possiamo definire il gaslighting un “fenomeno”? Se si, ne consegue un approccio fenomenologico. Ovvero, va considerato nella sua natura relazionale. Dobbiamo portare la paziente oltre la prospettiva della colpa. Il riconoscere assieme alla vittima le colpe manipolatorie dell'altro è un primo passo.
Credo sia nostro dovere aiutare il paziente nello sviluppo di anticorpi per le future relazioni, incoraggiando una crescita personale. Ciò significa guardare alla relazione come luogo in cui entrambi i soggetti sono coinvolti, ciascuno a partire dalla propria storia, dai propri bisogni, dai propri limiti.
L'obiettivo è sostenere una riconquista di potere sulla propria vita: non più solo vittima passiva, ma persona che può conoscere se stessa, riconoscere le proprie ferite e le proprie fragilità, per poter scegliere un modo diverso di affrontarle.
Se vuoi approfondire questo argomento, o ti senti coinvolta in una dinamica che ti sembra simile, contattami.
[1] Merita a mio parere un approfondimento il termine narcisista. Nell'uso comune lo utilizziamo per descrivere una persona troppo concentrata su sé stessa, poco empatica, manipolatoria. Ma da oltre un secolo il narcisismo viene studiato come componente comune a tutti gli esseri umani, e anzi necessaria a un nostro sano equilibrio emotivo. Diversi motivi possono portare a dei problemi relativi al nostro narcisismo, che possono comportare dei sintomi individuali o sociali. Per esempio, una persona che ha ricevuto un affetto non sufficiente da piccolo, può alimentare con l'età una parte bisognosa di riconoscimento. Questo la porta a essere più attenta alle risposte che l'ambiente circostante le rimanda, piuttosto che all'ambiente stesso. Approfondiremo il tema del narcisismo in un post dedicato.
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