Ansia e attacchi di panico: basta una pastiglia?
- Arturo Russo
- 13 lug
- Tempo di lettura: 4 min
Aggiornamento: 25 lug
Un problema legato all'ansia può condizionare significativamente le nostre vite. Riconoscere il problema è il primo passo Ma basta una pillola per liberarsene?
In questo post, voglio accompagnarti in un percorso di comprensione: cos’è davvero l’ansia, quando diventa un disturbo, quali sono le cure più efficaci, e soprattutto, qual è il ruolo della relazione e della psicoterapia nel processo di guarigione.

Riconoscere l’ansia: quando diventa un disturbo?
Tutti noi sperimentiamo ansia, ma quando possiamo parlare di un disturbo vero e proprio? Il DSM-5 (manuale diagnostico utilizzato da psicologi e psichiatri) definisce i disturbi d’ansia come condizioni caratterizzate da paura e ansia eccessive, accompagnate da alterazioni comportamentali significative.
E' importante, nel definire un disturbo legato all'ansia, la frequenza con cui si manifesta, ovvero se nella sua presenza costante, condiziona in modo negativo la nostra vita.
Paura e ansia non sono la stessa cosa.
La paura è una risposta emotiva a una minaccia immediata. Si manifesta con un’intensa attivazione fisica, pronta alla fuga o alla lotta.
L’ansia, invece, è un’anticipazione di un pericolo futuro. È uno stato di tensione e vigilanza che può diventare opprimente, anche in assenza di reali minacce.
Quando l’ansia prende il sopravvento: l’attacco di panico
L’attacco di panico è uno degli esempi più estremi di ansia: si tratta di un episodio improvviso e intenso, con sintomi come:
sensazione di soffocamento,
vertigini,
tachicardia,
tremori,
sudorazione,
nausea,
paura di morire o impazzire.
Questi episodi raggiungono il picco in circa 10 minuti e durano solitamente una ventina di minuti. Sono spaventosi, ma non pericolosi per la salute fisica.
Anche qui, per poter parlare di un disturbo da attacchì di panico, è necessario che questi si presentino con una certa frequanza in un determinato periodo di tempo.
Le emozioni su un continuum
Spesso immaginiamo le emozioni come entità distinte. In realtà, possiamo vederle come un continuum: da una parte l’emozione vissuta al massimo livello, dall’altra l’assenza della stessa. Ad esempio, la paura può evolvere in panico o, al contrario, svanire, diventando incoscienza.
Questa prospettiva aiuta a normalizzare le emozioni e a comprendere che sono parte integrante della nostra esperienza umana.
L’ansia fa parte della vita?
Sì. Secondo Joseph LeDoux, autore del libro Ansia, è normale sentirsi preoccupati o agitati. L’ansia, come la paura, ha una funzione adattiva: ci prepara ad affrontare minacce e difficoltà.
Ma non siamo tutti ansiosi nella stessa misura.
Ci sono differenze individuali legate alla personalità, alla storia di vita e alla struttura emotiva.
Farmaci per l’ansia: quali e quando?
La farmacologia offre diverse soluzioni, ma con alcune avvertenze:
Antidepressivi: migliorano il tono dell’umore, ma possono inizialmente aumentare l’agitazione . Spesso sono necessare settimane per trovare il farmaco più adatto.
Benzodiazepine: spesso prescritte con troppa facilità, possono creare dipendenza fisica e psicologica, oltre a sonnolenza e interazioni pericolose con altri farmaci o alcool.
Tractana: una nuova opzione, consigliata dall’Ordine Nazionale degli Psichiatri in sostituzione delle benzodiazepine.
Ma basta una pastiglia per stare meglio?La risposta è no. Il farmaco agisce solo sui sintomi, non sulle cause profonde. È come curare un tumore con un antidolorifico: può alleviare il dolore, ma non risolve il problema.
Le radici profonde dell’ansia: lo sviluppo emotivo
Le origini dell’ansia si trovano spesso nella nostra storia affettiva e relazionale.
Freud ha sottolineato il ruolo dell’infanzia nello sviluppo delle sofferenze psichiche.
Oggi le neuroscienze confermano che le prime relazioni – in particolare con le figure di accudimento – plasmano il cervello e le capacità emotive dell’individuo.
Un concetto chiave è quello di “responsività contingente”, studiato da Allan Shore. Si riferisce alla capacità della madre di sintonizzarsi con il neonato: ad esempio, quando il bambino distoglie lo sguardo per “prendersi una pausa emotiva”, la madre empatica aspetta il suo segnale per riprendere l’interazione. Se queste esperienze mancano, da adulti potremmo avere difficoltà a regolare le emozioni.
Legami che curano
La buona notizia è che il cervello è plastico: può cambiare anche in età adulta. Le relazioni significative – compresa quella terapeutica – possono modificare le strutture cerebrali coinvolte nella gestione emotiva.
Ecco perché la psicoterapia funziona: non solo ci aiuta a capire, ma può davvero trasformarci nel profondo.
Psicoterapia: quale scegliere?
Oggi esistono diverse forme di psicoterapia, ognuna con i suoi strumenti:
Cognitivo-comportamentale: lavora sui pensieri disfunzionali e propone tecniche di gestione emotiva.
Mindfulness: insegna a osservare le emozioni senza giudicarle, favorendo l’equilibrio interiore.
Psicoanalisi: esplora i vissuti profondi e l’inconscio, spesso in percorsi più lunghi e intensi.
Sistemico-familiare: guarda alla persona nel contesto delle sue relazioni familiari e sociali.
Counseling e sostegno psicologico: offrono uno spazio di ascolto e riflessione in percorsi a breve termine.
Il cuore della terapia? La relazione
Al di là dell’approccio scelto, tutti gli studi concordano su un punto: è la qualità della relazione terapeutica a fare la differenza. Le caratteristiche fondamentali?
Impegno affettivo
Empatia
Ascolto attivo
Compassione
Umiltà
Presenza mentale
Capacità di contenere le emozioni dell’altro
In conclusione
L’ansia può farci soffrire, ma non è una condanna. Comprendere le sue origini, riconoscerla nei suoi segnali e affrontarla con gli strumenti giusti – anche con l’aiuto di un professionista – può portarci a una vita più consapevole, serena e autentica.
Se senti che l’ansia sta limitando la tua vita, non aspettare. Chiedere aiuto è il primo passo verso il cambiamento. Se ha bisogno di informazione o vuoi condividere la tua espoerienza contattami.



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